Siamo tutte un po’ mamma Giulia.

  • Facebook
  • Twitter
  • Gmail

Giulia è il nome femminile italiano più diffuso. Giulia mi ha chiamata l’altra sera. Era triste, stanca voleva abbandonare tutto e tutti. Per un momento voleva essere al posto del grande specchio che ha in casa. Voleva essere il soprammobile della camera da letto. Voleva esser tutto e tutti ma non una mamma, non una moglie.

Come la capisco.

Eppure con un gran senso di colpa mi disse:- Io ho tutto, un marito che è uguale agli altri mariti, un bambino bellissimo, in salute, dolce e gentile, e una bimba in arrivo. Perché mi sento così?- Fare a me questa domanda che soffro di depressione cronica è proprio un volermi mettere alla prova. – E’ normale Giulia, noi ogni giorno perdiamo un po’ della nostra libertà, perdiamo un po’ di noi e abbiamo tanta voglia di scappare, per ritrovarci.-  -Sai non è tanto la famiglia, quanto il lavoro.-

Tasto dolente. Rifletto tantissimo sul tema del lavoro e della condizione femminile. Ho il mal di stomaco ogni volta che apro la porta dell’ufficio, vado in crisi d’ansia appena i bimbi starnutiscono. In questo paese dove ci vogliono grandi lavoratrici, piene di figli senza un giorno d’assenza dal lavoro, con un fisico perfetto senza andare in palestra, fanno meglio quelle donne che bambini non ne fanno. Io ogni giorno mi trovo a combattere tra baby-sitter, scuola materna che chiude il giorno della gita, il mio fisico che vorrebbe abbandonarmi per andare da solo in palestra, le persone che mi rivedono dopo dieci anni e quasi quasi mi schifano per i chiletti in più, per non dimenticare quelli del “non puoi essere intelligente, con due figli, e lavorare” o quelli del “come non vieni a lavorare perché i bambini stanno male? Non sei per nulla responsabile”.

E come si può sentire Giulia se non con tanta voglia di abbandonare tutto e tutti? Io mi sento sempre come lei.

Adoro i miei bambini ma a volte penso che è un gran casino farli. Tra poco la scuola elementare che finisce alle 16.30 e dopo? Dovrò inventarmi qualcosa. Le feste scolastiche senza un servizio sostitutivo, il lavoro che termina solo per occuparti di loro, un marito che ti reclama e tu con tanta voglia di leggere quel bellissimo libro che hai sul comodino e prendi in mano il sabato mattina per spolverarlo. Il bello è che ci impone tutte queste regole e questi giudizi è un uomo che non ha affrontato una gravidanza, che ha avuto sempre una moglie ad occuparsi di tutto compreso delle sue camicie e dei suoi figli e che tornava tardi la sera, magari dopo aver bevuto un drink, al bar con una segretaria ventenne, sostenendo che ha sempre e solo lavorato. Ci vogliono h24: madri, mogli, lavoratrici. Ma non capiscono che stiamo diventando anche depresse e non ci sentiamo all’altezza. Non capiscono che anche noi abbiamo bisogno di noi stesse.

Pin It on Pinterest

Share This